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Basilica Santa Maria di Collemaggio

La basilica, che per dimensioni è la più grande d'Abruzzo, è strutturata a croce latina. Un recente restauro ha liberato l'interno dalle sovrastrutture barocche e ha restituito alle tre navate la spazialità originaria scandita dalle arcate ogivali poggianti su pilastri ottagonali. La copertura è a capriate lignee a vista, la pavimentazione di stile cosmatesco, disseminata di pietre tombali, in massima parte di abati generali dell'Ordine celestino, ripete il motivo policromo delle pietre bianche e rosa. L'illuminazione è data da una fila di finestre gotiche sulle navate laterali, dai rosoni posti sulla parete di ingresso e dalle aperture del presbiterio e della cupola. Sulla parete della navata di destra si aprono tre nicchie gotiche racchiudenti dipinti quattrocenteschi che raffigurano, rispettivamente, la Madonna con le Sante Apollonia e Agnese, l'Assunzione e incoronazione della Vergine, la Crocifissione. Sempre nella navata di destra un bell'organo monumentale (sec. XVIII) in legno intagliato e dorato con cantoria decorata a bassorilievi con scene della vita di Cristo. Una serie di olii di Karl Rutter (sec. XVII), pittore fiammingo divenuto monaco celestino con il nome di Andrea di Danzica, illustra, sulle pareti, la vita di Celestino V. Tre archi immettono nel transetto che mantiene le forme barocche e si conclude in tre absidi. Sull'altare di destra è esposta una Madonna realizzata in terracotta policroma da Silvestro dell'Aquila (sec. XVI). Dal 1327 Santa Maria di Collemaggio accoglie le spoglie di San Pietro Celestino. Il mausoleo di marmo eseguito nel 1517, su commissione dell'Ordine della Lana da Girolamo da Vicenza, ripete con eleganza le forme del rinascimento lombardo. Finemente decorato con due ordini di colonnine e pilastrine racchiude l'urna delle spoglie del Santo che, in passato, subirono una duplice dispersione, la prima volta nel 1528, da parte delle truppe del Principe d'Orange che asportarono la cassa in argento cesellato di scuola sulmonese e la seconda, nel 1799, da parte dei francesi che trafugarono l'urna settecentesca.
M. C. Nicolai "Rivista D'Abruzzo"
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